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Dal Grande Libro delle Amache

Le parole seducono, ci invitano a servirci della loro potenza: ma tradiscono. L’addestratore californiano che denuncia le “condizioni disumane in cui vivono le orche in cattività” aveva sicuramente le migliori intenzioni, ma non si è reso conto che il “disumano”, per le orche e per gli animali in genere, non è un indicatore utile, nel bene come nel male. Allo stesso modo, anni fa, fece molto sorridere una drammatica cronaca locale che raccontava come, durante l’incendio di una fattoria, le pecore si fossero trasformate in “torce umane”. in un infortunio simile è incorso, per colpa della foga e dell’imperizia, il tizio che a Carugate (Lombardia) ha parcheggiato nel posto riservato ai disabili; ha preso la multa; si è infuriato con la persona disabile che aveva chiamato i vigili; h affisso, sul luogo del delitto, un cartello vendicativo in cui derideva il “povero handicappato”, rallegrandosi per la sua disabilità. Si tratta di un uso della parola decisamente indebito, e controproducente. Il portatore dell’handicap più invalidante, quello culturale e umano, è l’autore del cartello e non il suo destinatario.

Da il “Grande Libro delle Amache, Serra, Feltrinelli

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