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Dai Capidistretto di Firenze idee nuove per la gestione del cinghiale in braccata

All’Assessore all’agricoltura della Regione Toscana
Marco REMASCHI
Al Dirigente del Settore Attività faunistico venatoria della Regione Toscana
Paolo BANTI
Ai Presidenti regionali e provinciali delle Associazioni venatorie:
– F.I.D.C., ARCICACCIA, ENAL CACCIA, LIBERA CACCIA
All’A.T.C. Firenze-Prato sotto ambito 4:
– Vice presidente Adriano BORGIOLI
– Presidente della Commissione ungulati David BARONCELLI
PROPOSTA PER L’APPLICAZIONE E L’ATTUAZIONE DELLA LEGGE OBIETTIVO NEI DISTRETTI PER LA CACCIA AL CINGHIALE IN BRACCATA
La l.r.10/2016 ha voluto tracciare una divisione, più netta di quanto fosse stato in passato, fra le Aree Vocate e le Aree Non Vocate alle specie ungulate, in particolare modo per quanto attiene il Cinghiale.
Una suddivisione, quella determinata dall’art.3 comma 1, che per il suo estremo dettaglio non può che essere soggetta a creare difficoltà nella sua applicazione e pertanto suscettibile non solo a non produrre i risultati attesi ma addirittura ad appesantire ulteriormente le dinamiche di danneggiamenti alle produzioni agricole ed a favorire locali esplosioni di popolazioni ungulate.
Le difficoltà di applicazione emerse in fase di ripartizione del territorio, si concretizzano ulteriormente allorché, con altrettanto estremo dettaglio, sono state individuate le forme di caccia praticabili nei due distinti spazi gestionali.
Vorremmo sottolineare che il concetto di Area Vocata ed Area Non Vocata sorge per differenziare gli obiettivi di gestione e non dovrebbe condizionare le forme di caccia applicabili che sono invece intimamente connesse alla qualità del territorio ed all’uso del suolo che lo caratterizza.
Tracciare un limite netto, in quanto a vocazionalità, fra le diverse destinazioni del territorio in un contesto ambientale e vegetazionale quale quello toscano, appare quantomeno complesso poiché caratterizzato da una discontinuità significativa e da una elevata variabilità ambientale con alternanza di aree aperte e bosco; impedire poi l’attuazione delle braccate nelle aree aperte (suscettibili di coltivazione) ed in quelle coltivate (come si classifica il Castagneto da frutto?) di qualsiasi ampiezza, rischia di depotenziare la forma di caccia più “redditizia” e quindi suscettibile di produrre maggiore impatto nel contenimento del cinghiale.
Senza nulla togliere alle finalità della l.r. 10/2016, riteniamo che debbano essere adottati accorgimenti correttivi alla norma che favoriscano il raggiungimento degli obiettivi programmati senza intaccarne, anzi potenziandone, l’impianto strategico.
Per le motivazioni sopra esposte si è ritenuto opportuno produrre una proposta, da applicare anche in via sperimentale nel territorio dell’ATC FI-PO Sottoanmbito 4 – o meglio nell’ATC 4- Firenze Nord – , che si concretizzi nei punti seguenti:
1- Individuazione di Distretti di Gestione funzionali all’attività di caccia al cinghiale in braccata comprendenti le Aree Vocate alla specie, mantenendo le attuali ed evitando la frammentazione, ed eventuali inclusi caratterizzati da diversa vocazionalità; individuazione, altresì, di una fascia confinante di 200 metri per una più efficace gestione, nel periodo della caccia in braccata, sotto il profilo del contenimento dei danni alle colture agricole e della realizzazione del Piano di prelievo.
Tali Unità di Gestione potrebbero essere perimetrate dall’ATC e non potranno eccedere in superficie i preesistenti Distretti ancorché ridisegnati sulla base delle mutate caratteristiche vegetazionali e territoriali.
2- Ampliamento delle forme di caccia nei Distretti di Gestione così delimitati, consentendo il prelievo in selezione e con il cane limiere, nel periodo in cui non è autorizzata la caccia in braccata, limitatamente ai cacciatori iscritti alle squadre dell’Unità di Gestione con l’obiettivo di dissuasione e contenimento dei danni alle produzioni agricole.
3- Responsabilizzazione delle squadre e dei cacciatori iscritti chiamati a contenere i danni alle produzioni agricole attraverso la collaborazione nella messa in opera di impianti di prevenzione e dissuasione, nonché attraverso l’attuazione del prelievo nelle diverse forme consentite all’interno del distretto. Consapevoli della responsabilità etica (la sicurezza stradale e l’incolumità dei cittadini), della necessità e urgenza di contribuire alla costruzione di un percorso virtuoso che porti armonia tra portatori di interessi diversi e legittimi (Impresa agricola, mondo venatorio e ambientalista) riteniamo importante: La collaborazione dei Distretti di Gestione con l’ATC alla redazione del Piano di abbattimento che dovrà tenere conto delle specificità dei Distretti e della conoscenza del territorio, dei censimenti, delle potenzialità alimentari, della consistenza e caratteristiche delle specie presenti, della presenza di predatori che interferiscono e modificano gli areali degli ungulati e del cinghiale in particolare. La omogenea apertura dell’attività venatoria su tutto iol territorio provinciale e/o all’interno dell’ATC. La tempestiva messa a disposizione dei Distretti di tutto il materiale necessario alla prevenzione, attraverso convenzioni stipulate dagli ATC con chi garantisce il miglior rapporto qualità/prezzo. La tempestiva conoscenza e mappatura delle aree – a gestione conservativa e non conservativa – con colture a rischio. La possibilità di realizzare, per mezzo dell’erogazione di una quota del bilancio dell’ATC, miglioramenti ambientali e/o mirati foraggiamenti dissuasivi in aree circoscritte, idonee e lontane dalle colture.
4- La messa a punto di sistemi di premialità o penalizzazione nel caso del raggiungimento o meno degli obiettivi programmati per ciascuna Unità di Gestione attraverso la sottoscrizione di specifiche convenzioni fra ATC e responsabili delle squadre richiede una condivisione delle responsabilità di tutti i soggetti interessati. Pertanto riteniamo importante: Non fissare apriori nessun onere a carico dei cacciatori, ma effettuare delle verifiche in un arco temporale di 2/3 anni sulla prevenzione attuata e sull’impegno profuso per il raggiungimento degli obiettivi gestionali programmati e concordati (modifica dell’art.83, comma 1, lettera l). Prevedere il risarcimento, previo un oggettivo accertamento, per il ferimento o la morte del cane nel corso di interventi ex art.37 L.reg. 3/94. A tal fine riteniamo che gli oneri debbano essere a carico dei soggetti richiedenti l’intervento e che possa e debba essere condiviso da ATC e Impresa agricola attraverso la creazione di un fondo. La cancellazione del comma 5 dell’art. 89nella parte che recita “messa in atto anche da parte dei singoli componenti della squadra nell’interesse della medesima” . In uno Stato di
diritto, la responsabilità ricade su chi trasgredisce una norma e non può colpire in modo indiscriminato.
La formula di gestione proposta potrebbe risultare particolarmente efficace per territori quali quello di cui trattasi dove, nelle aree appenniniche, è diffusa la coltivazione del Marrone che si inserisce nelle aree boscate e che, ai sensi della legge 10 dovrebbero essere escluse dalle Aree Vocate.
Per i Distretti di gestione per la caccia al cinghiale
dell’A.T.C. Firenze-Prato Ambito 4
Antonio Muratore (antoniomuratore@katamail.com)

PROPOSTA Gestione cinghiale

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